1999 - Albisola / Faenza andata e ritorno Torido Mazzotti Rolando Giovannini - Fondazione Museo Giuseppe Mazzotti 1903 Albisola

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1999 - Albisola / Faenza andata e ritorno Torido Mazzotti Rolando Giovannini

IL TORNIO notiziario culturale della ceramica
il Tornio Notiziaruio Culturale della Ceramica

Albisola/Faenza
andata e ritorno

Torido Mazzotti 1930 - Rolando Giovannini 1999



Rolando Giovannini, terracotta smaltata matt

   Il 28 aprile 1999 presso la sede espositiva di ComunicArte si è inaugurata la parte della mostra Albisola/Faenza dedicata a Torido Mazzotti con l'esposizione di una piccola selezione dei suoi disegni.

   Il 29 aprile 1999 presso il Museo Giuseppe Mazzotti 1903 si è invece anaugurata la parte della mostra dedicata a Rolando Giovannini con l'esposizione delle ceramiche da lui progettate e realizzate sia presso la maifattura G.M.A. 1903 sia presso altre fabbriche o industrie.

   Pubblichiamo alcuni testi contenuti nei cataloghi relativi alle due mostre.

   Le due esposizioni rimarranno aperte sino al 30 maggio 1999


Ricordo di mio Padre
di Giuseppe Bepi Mazzotti

Scriveva Giuseppe Liverani da Faenza, nell’agosto 1978: "Come per il cinquatennio, l’avvio a Pozzo Garitta fu da Manzù celebrato in un medaglione con l’effigie di papà Giuseppe, così il settantacinquesimo, ad iniziativa di Giuseppe junior e del nipote Tullio, Eliseo Salino, avviato all’arte da Torido, ricorda con l’effigie del maestro il suo ottantatreesimo anno di età".
I miei ricordi risalgono ai racconti di papà Torido e mamma Rosa e continuano poi, quando cresciuto, diventai partecipe della loro vita.
Mio padre spesso ricordava, sempre con lo stesso grande amore, quando alla fine della celebrazione di una messa domenicale con mamma Celestina, vide arrivare suo padre che stringeva tra le mani con orgoglio la prima ceramica, ancora calda, uscita dalla fornace di Pozzo Garitta, aveva otto anni.
Così nacque l’amore per la ceramica.
Nell’ottantanovesimo anno di età scrissi poche righe che papà gradì e fece sue; le corresse e le scrisse in un piatto, ora rotto, che conservo gelosamente.
Dipinsi: TORIDO MAZZOTTI 1895 1995 31 luglio "90 anni", 1.080 mesi, 39.422 giorni, 9.460.800 ore, 56.764.800 minuti, 4.087.0656.000 palpiti ceramici. ALBISOLA.
Questo era Torido che presentiamo con questa contenuta esposizione di suoi disegni preparatori, che preludevano e accompagnavano l’esecuzione dei vasi motorati e di tutta la produzione, la collaborazione con gli artisti, per i quali mise a disposizione il suo mestiere, la sua esperienza e la sua tecnica.
Una presentazione dunque, che dovrà essere seguita da una mostra importante e adeguata a testimoniare tutto il lavoro da lui svolto.
Una "prima" che viene offerta come un libro da sfogliare, pensando di gustarne poi la lettura a tempo debito.
Una presentazione "dovuta" alla mostra del Professor Giovannini, nella vicinanza di intenti tra Albisola e Faenza, dove Torido studiò nel 1928 e dove conobbe Gaetano Ballardini e Giuseppe Liverani.
In un scritto di mio padre lessi: " Mi piace ricordare la frase del grande Ballardini direttore e creatore del Museo di Faenza - le vostre piccole fabbriche, i vostri laboratori sono delle scuole e voi artigiani albisolesi siete dei Maestri benemeriti".
Per me, mio Padre e mia Madre, lo furono.

   33% 33% 33%
   di Paula Cancemi
        
   Circa 200 opere di 100 artisti presenti in museo, 2.356 calchi in gesso catalogati, 1.800 disegni preparatori raccolti e ordinati, quasi 100 anni di tradizione alle spalle, 100 artisti ospitati negli ultimi due anni a svolgere la loro attività, circa 30 collaborazioni effettuate con enti pubblici e privati nello stesso periodo.
   Queste alcune cifre relative all’attività del Museo Giuseppe Mazzotti 1903.
   Un museo che si può definire senza dubbio "vivo", avendo come caratteristica fondamentale quella di essere in costante movimento.
   La volontà di crescere si attua attraverso tre strategie fondamentali di lavoro collegate e sinergiche tra loro suddivise in tre parti uguali : 33%, 33%, 33%.
   Un terzo dell’attività è rappresentato dalla selezione e raccolta di opere d’arte, disegni tecnici e bozzetti preparatori, informazioni di ogni genere che un domani potranno fornire una chiave di lettura dell’ odierna attività produttiva e artistica..
   La catalogazione dei calchi in gesso (2.356 dal 1903, anno di fondazione della ditta, ad oggi) insieme alla raccolta di notizie riguardanti il lavoro degli artisti che collaborano con la fornace, costituiscono un ulteriore archivio in cui vengono conservati i dati riguardanti l’attività museale.
   Il secondo elemento, collegabile in buona parte al primo, perchè su di esso si basa, è costituito dal "dialogo" con altre istituzioni museali, enti pubblici o privati, che avviene attraverso il prestito di opere, il trasferimento di dati, rendendo in pratica fruibile il lavoro di raccolta sopra illustrato non solo per coloro che fisicamente visitano il nostro museo.
   Siamo convinti che l’arte non appartenga solo al proprietario dell’opera, ma sia patrimonio da condividere con tutti.
   E’con questo spirito che diamo la nostra disponibilità ad esporre le ceramiche appartenenti alla nostra raccolta museale in altre città e sedi, credendo così di far conoscere e apprezzare l’attività artistico-produttiva di Albisola.
   L’ultima parte del nostro programma consiste nella creazione di eventi che manifestando la nostra intenzione di essere propositivi, costituiscono soprattutto un’occasione per creare e sviluppare nuove situazioni di scambio culturale.
   E’ così che pensiamo possa essere brevemente riassunto il nostro impegno che ci vede lavorare per sviluppare al meglio questi tre settori.
   In occasione di questa mostra abbiamo voluto sottolineare come l’arte possa essere legata alla produzione e come si sia sviluppato un rapporto tra produzione e design.
   L’uso del disegno tecnico introdotto da Torido Mazzotti (di cui Antonella Marotta scrive sul Quaderno n°1 di ComunicArte) costituisce, infatti, in qualche modo l’inizio del design albisolese.
   La Fabbrica Casa Museo Giuseppe Mazzotti 1903 collegando l’esperienza sopra descritta alla più attuale realtà ceramica ha pensato di esporre, presso le proprie sale, le opere di Rolando Giovannini e, presso la sede di ComunicArte, con cui in collaborazione è stato preparato questo evento, alcuni disegni preparatori e inediti di Torido Mazzotti.

   A questo proposito vorrei infine aggiungere la sopracitata mostra è da intendere da un lato come atto di riconoscimento dovuto a Torido Mazzotti, per il lavoro che iniziò nella metà degli anni ‘20 e che lo rese a tutti gli effetti il primo designer albisolese, d’altro canto é una sintesi dell’attività di Torido, che fu molto più articolata e che ci auspichiamo di poter offrire al pubblico, con un importante mostra antologica, in un prossimo futuro.

La genialità artistica del futuro nell’immaginazione creativa di Torido Mazzotti
di Antonella Marotta

Torido Mazzotti ceramista, come a lui piaceva definirsi, amava spesso ricordare che nella conoscenza tecnica e pratica della ceramica: <quando ti sembra di essere padrone della materia, capisci che devi iniziare tutto da capo!>. Questo senso dei propri limiti, dopo una vita dedicata alla ceramica, lo rendeva di continuo disponibile ad esperimenti o innovazioni che riguardassero il suo "adorato" lavoro.
Torido ebbe il merito e la fortuna di formarsi un bagaglio tecnico e culturale profondamente diverso da quello che era allora ritenuta la "preparazione di base" di un ceramista che "apriva bottega".
Figlio del torniante Giuseppe Mazzotti (vulgo Bausin), già padrone di fabbrica a Pozzo Garitta a Albisola Mare, e di Celestina Gerbino Promis, figlia del primo maestro elementare della cittadina ligure, aveva precocemente dimostrato attitudine per il disegno e per questo aveva frequentato l’"Istituto di Arti e Mestieri" di Savona.
Fin da ragazzo aiutava nella fabbrica paterna, dove iniziò giovanissimo e dipingere, sotto la guida di Dario Ravano e Pietro Rabbia, due pittori maestri di decorazione. Finiti gli studi, a 20 anni circa, in pieno periodo bellico (Torido nacque nel 1895) e grazie alla sua preparazione scolastica, venne assunto come disegnatore tecnico all’Ansaldo di Genova Sampierdarena. Bausin, a cui piaceva la propria libertà e quella altrui, volendo un giorno fargli visita, si presentò ai cancelli della fabbrica genovese.
A quei tempi l’accesso allo stabilimento per un estraneo e per di più non preventivamente autorizzato era impossibile, cosicchè Bausin tornò a Albisola amareggiato.
Quelle porte chiuse dovettero sembrargli quelle di una prigione tanto che, a guerra terminata, quando il figlio era indeciso se rimanere impiegato all’Ansaldo o andar via, memore di quell’esperienza commentò: <Vieni a lavorare nella ceramica. Guadagnerai meno, ma da uomo libero!>.
Torido venne così assorbito nella fabbrica paterna e nel 1924, dopo il matrimonio con Rosa Bovio, ne aprì una propria a Albisola Superiore che rimase produttiva sino al 1934, quando si ricongiunse con il padre e il fratello Tullio, nella nuova fabbrica progettata dall’architetto bulgaro Nicolaj Diulgheroff, costruita sulla foce del torrente Sansobbia e nelle fondamenta della quale Bausin volle gettare un vaso come gesto augurale.
Del nuovo edificio Torido progettò i forni per le cotture e due anni dopo nel 1936, su suo disegno e con l’approvazione di Diulgheroff, venne aggiunta una nuova costruzione, perchè l’edificio esistente si era dimostrato insufficiente lasciando poco spazio ai laboratori. Dopo la divisione tra Tullio e Torido, avvenuta nel 1959, quest’ultimo continuò a lavorare nell’edificio dove già abitava e dove operano oggi le "Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903 Albisola". Il lavoro di Torido e il suo ruolo in fabbrica gli permisero di vivere a contatto con le più grandi personalità del mondo artistico dell’epoca, sia durante gli anni ‘30, quando Albisola venne definita da Marinetti la "libera Repubblica delle Arti", sia durante "i meravigliosi anni ‘50", dove nella cittadina ligure si confrontarono artisti, critici, mercanti e intellettuali di fama internazionale.
Non desideroso di protagonismo, ma persona abile e competente, fu il braccio destro indispensabile al fratello Tullio e come ricordò Celina Mazzotti Martinengo nel libro Omaggio a Torido, curato da Federico Marzinot: <Torido e Tullio avevano creato un "unicum" che singolarmente forse non avrebbero mai ottenuto. Torido con la sua straordinaria professionalità e la sua completa disponibilità, realizzava quello che l’eccezionale intelligenza e sensibilità di Tullio ideava>.
Mi piace a questo proposito, ricordare un aneddoto che Torido raccontava spesso con soddisfazione e orgoglio. Negli anni ‘30, quando numerosi artisti invitati da Tullio, frequentavano la fabbrica Mazzotti, Torido, oltre ad essere "inventore di originali ceramiche futuriste, appassionato ricercatore di nuove tecniche ceramiche", era anche colui al quale era "affidato il compito di realizzare le aeroceramiche disegnate da Fillia, Prampolini, Depero" e altri grandi pittori futuristi, che di ceramica sapevano ben poco.
Una sera facendo l’ultimo giro in fabbrica per controllare che tutto fosse in ordine, vide abbandonati sopra a un tavolo alcuni pezzi modellati, fra cui erano riconoscibili due piccole teste di cavallo che erano in via di essicazione. Da esperto quale era si rese subito conto che se avesse lasciato tutto com’era, l’indomani niente sarebbe stato più utilizzabile, così iniziò a unire i pezzi disponibili creando un cavallino con un corpo molto lungo, all’inizio e alla fine del quale attaccò le due teste. Il giorno dopo Nino Strada vide i suoi pezzi così assemblati e a Torido che gli spiegava la necessità del suo gesto rispose:<Bravo, mi piace!>. Così nacque il "Cavallino a due teste" di Nino Strada, che venne prodotto tra l’altro in numerosi esemplari per una ditta di pelletteria.
Sempre attento a ciò che accadeva intorno al suo lavoro non mancava di visitare gli altri centri italiani noti per la loro produzione ceramica come Vicenza, Venezia, Firenze, Faenza, in occasione di esposizioni e mostre di ceramica, non perdendo l’occasione di confrontarsi con altri ceramisti. Nel 1928 frequentò, per esempio, un corso annuale di "Storia della ceramica italiana medioevale e moderna", organizzato dall’Istituto Interuniversitario Italiano e dal Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, coordinato dal professor Gaetano Ballardini. Rimase inoltre, in contatto, anche amichevole, per molti anni con Giuseppe Liverani, direttore del Museo internazionale della ceramica di Faenza; sue ceramiche futuriste insieme a quelle del fratello Tullio sono tutt’oggi conservate nel museo faentino.
A Torido si deve sicuramente il merito di avere introdotto nella lavorazione della ceramica l’uso del disegno tecnico di cui si servì sempre. Infatti la sua esperienza all’Ansaldo lo orientò verso l’ordine, il lavoro organizzato e ciò lo portò a inserire, nel processo lavorativo, la fase del disegno su carta della linea dell’oggetto che veniva richiesto al torniante, dopo averne indicato misure e dimensioni. Fino ad allora l’uso comune era quello di tracciare il contorno dell’oggetto commissionato per terra, davanti al torniante, con un pezzo di carbone o con un gesso, o meglio ancora usando come lavagna la polvere e come matita un pezzo di canna. Alcune volte questo tipo di progettazione era completato dalle indicazioni per la decorazione. E’ possibile così oggi ammirare più di 1800 disegni che il nipote Tullio ha riordinato, dividendoli per stili e generi in 10 raccoglitori e che rappresentano un indiscutibile patrimonio storico-culturale. Una riflessione più approfondita merita una parte di questi disegni tecnici: quella legata al periodo futurista.
Sappiamo che durante il futurismo la concezione della riproducibilità della ceramica d’artista ( che spesso andava a coincidere con la ceramica di produzione), era il perno sul quale ruotavano l’interesse e la filosofia di chi ne creava i modelli. A dimostrazione di ciò, rimangono conservati dalla fabbrica, oltre ai progetti lasciati dall’artista stesso e la corrispondenza relativa a ciò che veniva realizzato, i disegni tecnici e i calchi che ne consentivano la produzione seriale.
In un catalogo del 1928 che conta circa 500 tipi di oggetti, c’erano precisi accenni a pezzi futuristi, per esempio "Boccale orecchia", "Barattolo Tullio a curve", "Boccale policentrico", oggetti ideati da Tullio ma progettati per la produzione da Torido. In un altro catalogo posteriore al 1930 che conta 698 oggetti dei quali 81 di forma o denominazione futurista o riecheggiante il Decò, figurano oggetti di Diulgheroff come "Servizio caffè Diulgheroff", e poi ancora "Coppa Torido", "Coppa amatoria" ecc...
Benché la produzione futurista fosse poco apprezzata per la sua "urtante novità" il fatto che comunque fosse inserita in cataloghi vendita, dimostra come la filosofia della serialità dell’oggetto d’artista avesse preso campo, riuscendo anche ad ampliare la gamma produttiva della fornace Mazzotti.
Ben 180 disegni tecnici di Torido riguardanti questo periodo, dimostrano ciò che è stato sopra affermato; ma quello che è veramente interessante notare è come, con largo anticipo, questa tecnica di progettazione a ben vedere, fissa i fondamenti che si ritroveranno 50 anni dopo nel design e che pertanto, a buon diritto, Torido può essere indicato come "padre del design moderno".
Vorrei concludere queste mie riflessioni ricordando che un giorno, verso la fine degli anni ‘80, venne a visitare la fornace Mazzotti un noto designer (Matteo Thun) il quale trovandosi di fronte alle ceramiche futuriste disse a Bepi Mazzotti, che gli faceva da guida: < Noi non abbiamo inventato niente, lo avevate già fatto voi 50 anni fa!>.







Una grande stima fra artista e artigiano
di Tullio Mazzotti

20 marzo 1999, alle ore 14,30 in Faenza dopo tanto parlare si parte, anzi si mangia.
Rolando Giovannini, Paula Cancemi, Claudio Manfredi, Tullio Mazzotti (io) e Barbara Mignone iniziano a mangiare: Garganelli al sugo di peperoni, Tortellini al Ragù, Tortelli burro e salvia.
Ormai e’ una consuetudine quella che vede la partenza dei nostri progetti culturali avvenire mentre gli attori sono seduti intorno a un tavolo intenti a mangiare.
Rolando Giovannini era inserito nel nostro indirizziario a cui attingevamo, per l’ invio degli inviti, in occasione di mostre e manifestazioni da noi organizzate.
Il rapporto personale invece iniziò a seguito di una sua lettera inviataci nel 1996 in cui ci proponeva di realizzare in ceramica alcuni suoi bozzetti.
Quello che ci colpi subito fu la "fluidità mentale" di Rolando.
Non ci proponeva, così come spesso avviene da parte di altri artisti, siano essi legati alle arti plastiche, visive o al design, di realizzare fedelmente i suoi bozzetti, ma ci lasciava liberi di applicarli alla nostra lavorazione.
Questa grande "intelligenza" sicuramente nasce da una profonda conoscenza, che lui ha, del mondo ceramico; da una cultura non solo nozionistica o storica, ma anche pratica, abbinamento raro da incontrare.
Inoltre ci siamo sentiti gratificati dalla liberta che Giovannini ci concedeva nella realizzazione degli oggetti; lo interpretammo come segno di stima, pensando che lui ci ritenesse capaci di non stravolgere il suo "pensiero" durante la realizzazione degli oggetti e quindi capaci di leggere oltre che l’estetica anche i contenuti dei bozzetti.
Dopo questo primo contatto i rapporti si intersificarono; io fui invitato a Fiorano Modenese a partecipare ad alcune iniziative, Rolando vennè in Albisola a tenere alcune lezioni presso la Scuola di Ceramica di Albisola Superiore nell’ambito di un corso "Ceramica Gres" diretto da Adriano Leverone.
E’ stato durante il consolidarsi di una rapporto artistico, culturale e di profonda stima che in modo naturale ci venne l’idea di dedicare la prima mostra personale realizzata all’interno del nostro museo a Rolando Giovannini, oggi preside della Scuola d’Arte di Faenza in cui nel 1928 mio nonno Torido Mazzotti frequentò il "Corso Annuale di Storia della Ceramica Italiana Medioevale e Moderna" il cui direttore fù Gaetano Ballardini fondatore del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza.
Così dopo aver sgrossato i contorni del progetto, sabato 20 marzo 1999 siamo partiti per Faenza e alle ore 14,30 ci siamo seduti a tavola per mangiare, prima, e partire nella "costruzione" della mostra di cui questo ne è il catalogo.

 
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