2001 - Un Giardino Museo - Fondazione Museo Giuseppe Mazzotti 1903 Albisola

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2001 - Un Giardino Museo

IL TORNIO notiziario culturale della ceramica
il Tornio Notiziaruio Culturale della Ceramica

   UN GIARDINO MUSEO PER LA CERAMICA DI ALBISOLA
   Fabbrica Casa Museo GIUSEPPE MAZZOTTI 1903, Albisola

   Mercoledì 13 giugno 2001, Sant’Antonio da Padova, giorno in cui le antiche corporazioni dei ceramisti albisolesi onoravano la loro festa, la Fabbrica Casa Museo Giuseppe Mazzotti 1903 ha presentato le nuove opere de "Un Giardino Museo per la Ceramica di Albisola".
   Oscar Albrito, savonese, Junko Imada, giapponese che vive e lavora a Milano, Enzo L’Acqua, savonese, sono gli artisti che hanno realizzato le nuove ceramiche.
   Quella del 2001 è la terza edizione di questa iniziativa che si propone di ampliare, verso l’aperto, la raccolta museale che Giuseppe Bepi Mazzotti, assieme all’amico Mario Fusco, avviarono nel 1964.
   E’ del 1988 la pubblicazione di "Omaggio a Torido", curato da Federico Marzinot, che costituisce il catalogo del museo e da cui sono derivate le tante iniziative sviluppatesi negli ultimi 10 anni: "Albisola 1989: incontri della ceramica" 1989, "Guide e Compagni" 1991, "ceramicAmica" 1997 e ancora, con la collaborazione di Paula Cancemi, "Albisola/Faenza - andata e ritorno" 1999, "un Giardino Museo per la ceramica di Albisola" 1999 e 2000.
   Un Giardino che accoglie le opere di artisti contemporanei, che offre un’occasione agli amanti dell’arte ceramica di apprezzarne le qualità e le potenzialità d’espressione artistica.
   Il fulcro d’ del giardino è costituito da un grande coccodrillo, a grandezza naturale, realizzato nel 1936 da Lucio Fontana a esso, nel corso del tempo, si sono aggiunte altre 34 opere che hanno formato un percorso ben consolidato, di facile e piacevole lettura, susseguirsi di opere realizzate in ceramica immerse nel verde di un giardino a due passi dal mare, che sta diventando sempre di più meta per i gli amanti dell’arte, le scolaresche e le gite organizzate che in Albisola vengono a fare visita.
   Carlos Carlè, Gianni Celano Giannici, Adriano Leverone e Sandro Lorenzini sono stati gli artisti dell’edizione 1999, Attilio Antibo, Patrizia Guerresi, Liliana Malta, Claudio Manfredi e Giorgio Venturino quelli dell’edizione 2000.
   Da segnalare le opere di Roberto Bertagnin 1960, Aurelo Caminati 1992, Ansgar Elde 1998, Giorgio Mosio, 1992, Walter Morando 1990.
   Nel catalogo di quest’anno vi è anche "lettura" del percorso museale nel suo complesso così da rendere la pubblicazione un facile e utile strumento per una visita guidata.
   Martina Corgnati che ha curato la critica e il catalogo in esso scrive: "L'arte oggi tende all'immaterialità, un'immaterialità dal forte sapore tecnologico: il pubblico delle mostre oggi è più che mai abituato a fare i conti con spazi preordinati per ospitare una categoria di immagini video o digitali, fotografie ritoccate, installazioni effimere, luoghi connotati in senso spettacolare o, per usare un termine molto in voga nei nostri tempi, luoghi dentretainement. Di cui, naturalmente, dopo il momento dato della mostra, non resta nulla se non altre memorie digitali o tecnologiche. E’ bene però precisare che parlando di mostre e di opere s'intende far riferimento soprattutto a quanto gravita e circola nelle istituzioni artistiche appartenenti ad un circuito di vere e proprie multinazionali dell'arte, il circuito su cui si riversano i massimi investimenti mondiali e dove, ormai, si tende a non fare più distinzione fra arte e moda, fra arte e pubblicità, fra arte e nuove tecnologie.
   Il circuito preposto a decidere quale deve essere l'immagine che connoterà la nostra epoca agli occhi del futuro.
   In queste condizioni, allora, qual è il destino dell'antico "lavoro" artistico, l'opera materiale, la cosa ben circoscrivibile, corporea e solida, in cui da secoli e secoli s'incarna l'abilità e la fantasia degli operatori? Si risponde subito: questo lavoro continua ad esistere. Riprova immediata ne è l'interesse che circonda e continua a circondare una tecnica tradizionalissima come la ceramica. Esiste al di sotto del "mondo dell'arte" fatto e concepito da critici e direttori di musei, continua ad esistere in una compresenza che anch'essa è caratteristica del nostro momento storico e che vive grazie ad un eclettica selva di spazi pubblici e privati, minori solo per il flusso degli investimenti di cui sono destinatari ma fondamentali per ristabilire e far sopravvivere le dicotomie, le incertezze, le simultaneità e le contraddizioni dell’arte, che per fortuna non è mai stata una strada a senso unico. Ceramica, si diceva.
   Strumento tradizionale, lo si è già specificato, soprattutto per l'esigenza che continua ad avere di una manualità forte, una competenza specifica, una pratica raffinata di torni, forni, terre, tempi di cottura, smalti, ossidi e quant'altro ancora. Proprio come una volta: non c'è tecnologia che tenga.
   Non ci sono programmi IBM o robot in grado di sostituirsi all'artigiano, anzi alla sottile ed intima relazione fra l'artigiano e l'artista, dalla cui comprensione reciproca nasce appunto l'opera, il pezzo, ogni volta diverso. La ceramica però, nel corso del secolo XX, ha anche dimostrato una straordinaria capacità di adattarsi, sfuggendo ai connotati e alle applicazioni tradizionali, per rispondere ai desideri di artisti diversissimi fra loro, da Picasso a Jorn, da Matisse a Fontana, grandissimi, indiscussi protagonisti della scena contemporanea che proprio in questo mezzo hanno trovato il terreno giusto (o uno dei) per manifestarsi allesterno.
   Per queste sue caratteristiche la ceramica sembra essere la prova vivente che i destini dell'arte decisi dall'alto non sono poi così scontati, cristallini ed univoci. Che la dimensione umana è ancora profondamente necessaria per ottenere un certo risultato. Senza sconti e senza mediazioni. Un risultato che a molti artisti, anche non specialisti di questa tecnica, continua ad apparire desiderabile, insostituibile per dar corpo ad almeno un aspetto della loro creatività. Il giardino della Fabbrica Mazzotti, le iniziative e le mostre che vi si susseguono a scadenze regolari ne sono un'eloquente testimonianza. Questo giardino appare oggi una specie di bosco incantato, che miracolosamente riesce a conciliare una quasi incredibile molteplicità di segni e di forme, deposte ad una ad una nel corso di interi decenni da personaggi diversissimi, non tanto per rivendicare uno "specialismo" tecnico quanto per affermare fino in fondo la versatilità del linguaggio impiegato."


   * * *

   Oscar Albrito
, nasce di Savona nel 1933, ha iniziato negli anni ’50 l’attività nel campo della grafica e della ceramica, Si dedica poi professionalmente alla pubblicità aprendo uno studio a Torino dove soggiorna per 10 anni. Nel 1976 apre ad Albisola Capo un suo laboratorio di ceramica, lo Studio A, che dirige sino al 1988 dedicandosi all’applicazione e alla ricerca del design.
   Junko Imada
, di origine giapponese, 30 anni, vive e lavora a Milano. Inizia all’età di 2 anni e mezzo a studiare musica classica proseguendo sino all’università. Si laurea in Belle Arti presso l’università di Kumamoto nel 1994, consegue il Master in Scultura presso la stessa università nel 1996. Nel 1997 vince una borsa di studio e si trasferisce a Milano. Nel 2000 è stata selezionata dal governo giapponese per partecipare al "Japan Week" di Heldelberg in Germania.
   Enzo L’Acqua
, nasce a Savona nel 1938, lavora a Savona e Urbania. Oltre a svolgere il suo lavoro sulla pittura e sulla grafica ha sviluppato ricerche sui materiali quali legno, ferro e, in modo particolare, ceramica. Ha insegnato sceno-tecnica presso la Scuola Professionale di Teatro di Savona. E’ del 1974 la sua prima mostra personale al Circolo degli Artisti di Albisola Marina a cui seguono innumerevoli esposizioni personali e collettive. E’ del 1999 l’esposizione a Tokio dei suoi lavori assieme all’amico Juan Segura.



 
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