2012 - Giovanni Tinti, ci mancherà il suo bastone - Fondazione Museo Giuseppe Mazzotti 1903 Albisola

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2012 - Giovanni Tinti, ci mancherà il suo bastone

IL TORNIO notiziario culturale della ceramica
il Tornio Notiziaruio Culturale della Ceramica

GIOVANNI TINTI, ci mancherà il suo bastone
di Tullio Mazzotti



Nella foto da sinistra Secondo Chiappella, Roberto Giannotti, Giovanni Tinti e Tullio Mazzotti

È mancato Giovanni Tinti, decano degli artisti savonesi, persona squisita, artista delicato.
Nato il 28 marzo 1917 era malato da qualche mese e seguito amorevolmente dalla moglie Carla, alla quale era legatissimo.
La sua attività artistica inizia nei primi anni Cinaquanta; la sua prima mostra nella Sala d'Arte della Società Ferrania (Altare), l'ultima nel giugno 2010 nella saletta di Pozzo Garitta 11 del Comitato di Rigore Artistico di Albisola Savona di cui fu uno dei soci fondatori.
Non solo un socio fondatore, ma anima attiva e pensiero intelligente.

Giovanni, novantenne, era dotato di spirito allegro, capace di divertirsi e divertire
Inseparabile dal suo bastone, che con ironia lo aveva dipinto con i suoi segni e che, idealizzandolo, lo fece diventare opera d'arte allestendo una mostra di bastoni in ceramica nel 2005.
Tutti noi cittadini della Libera Repubblica delle Arti lo ricordiamo con affetto e riconoscenza.
Nel 2003 era con noi in quel di Santa Teresa di Gallura e quando lo portavo in giro sulla mia vespa egli si rifiutava di indossare il casco, indossando invece un berretto da pescatore.

Durante le riunioni del Comitato di Rigore Artistico, che normalmente si tengono durante cene conviviali, Tinti amava discutere di arte (per la verità amava molto anche il bollito misto alla piemontese). Ricordo che nel corso di una serata, Giovanni, assieme a Franco Dante Tiglio e Renzo Aiolfi, si misero a discutere se l'arte avesse o meno anche un connotato politico. Il dibattito si infiammò e Tinti, accalorandosi, batteva il bastone sul pavimento, al che il mio vicino del piano di sotto, infastidito, protestava a sua volta picchiando sul soffitto, praticamente una baraonda. Quando passata la mezzanotte i miei ospiti fecero per andarsene, il mio vicino di casa uscì sul pianerottolo per protestare, ma ... sopresa ... non erano dei giovani in vena di baldoria, ma per le scale stavano scendendo 250 anni di vita, tre persone Tinti, Tiglio e Aiolfi tutti ottantenni. Cosicchè il "protestatore" vistili, si rintanò in casa senza proferire parola. Evidentemente non si aspettava tanta vitalità in persone di quella età.
Questa era una delle caratteristiche di Giovanni, sempre vitale, sempre attivo, sempre con la voglia di fare.
La sua arte iniziata appunto nei primi anni Cinquanta con lavori di pittura chiaramente figurativi e paesaggistici, si evolve negli anni Settanta con dei lavori molto intelligenti, utilizzando le bande meccanografiche della IBM per avvolgere dei manichini, come a dire che l'avvento dei computer (ancora in divenire) avvrebbe avvolto con "bardatura" funeraria l'uomo.
A quel periodo, delle bande meccanografiche, seguì un ritorno alla pittura non più figurativa ma fatta di simboli, ideogrammi che lui sviluppò nei suoi lavori sia in pittura sia in ceramica.
Per i suoi novant'anni, Giorgio Moiso, anche lui artista cairese, volle organizzargli una grande festa all'Hotel Garden di Albisola a cui tutta la tribù artistica del savonese e di Albisola si strinse attorno a Giovanni Tinti, così come purtoppo faremo per l'ultimo saluto.
Ma certamente la sua eleganza, il suo essere educato e distinto, ci lasciarenno un prezioso insegnamento, al pari dei suoi lavori.

09 gennaio 2012



 
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