1999 - Il lungo sciopero degli operai stovigliai di Albisola - Fondazione Museo Giuseppe Mazzotti 1903 Albisola

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1999 - Il lungo sciopero degli operai stovigliai di Albisola

IL TORNIO notiziario culturale della ceramica
il Tornio Notiziaruio Culturale della Ceramica

IL LUNGO SCIOPERO DEGLI OPERAI STOVIGLIAI DI ALBISSOLA MARINA
di Renzo Aiolfi




Il 14 dicembre 1887 gli operai stovigliai di Albissola Marina abbandonarono improvvisamente le fabbriche e scesero in sciopero, non per aumenti salariali, ma soprattutto per non volersi assoggettare ad alcune decisioni padronali ritenute ingiuste. Gli stovigliai chiedevano che il loro mestiere fosse riservato soltanto ai loro figli, di escludere dal lavoro i ragazzi sotto i 15 anni e inoltre intendevano privare i padroni delle fabbriche del diritto di assumere i lavoranti dove e come credevano.
Il Secolo XIX di Genova del 26 dicembre annotava: "Essendo divenuta troppo dannosa la spietata concorrenza che i padroni dalle fabbriche di stoviglie facevansi nella vendita della merce, addivennero tra loro, nei primi di dicembre, ad un accordo stabilendo un equo prezzo di prodotti delle loro industrie. Gli operai pentolai credettero che con questo accordo o società si venisse a ledere i propri interessi ; per cui in un numero di ottanta si costituirono in una società di mutuo soccorso, il primo atto della quale fu il decreto dello sciopero onde far accettare il loro statuto ai padroni. Questi si rifiutarono assolutamente, tanto più che un articolo dello stesso statuto limitava la loro azione, poiché gli operai pentolai imponevano la non accettazione degli apprendisti nelle fabbriche se non loro figli, o figli del padrone, ma con il beneplacito della Società di Mutuo Soccorso per questi ultimi: intanto i padroni delle fabbriche, dovendo da corso a commissioni importanti, hanno affidato il lavoro a sette o otto apprendisti."
Il giornale "Il Cittadino, Gazzetta di Savona", portavoce delle Associazioni Operaie, commentando la costituzione della società dei padroni delle fabbriche si schierò subito dalla parte degli operai, sottolineando fra l’altro che "lo scopo principale della Società presieduta dal Signor Fornari Giuseppe, detto Cavour è quello di strozzare ed immiserire completamente i poveri operai, diminuendo con arte maligna ed ipocrita la mano d’opera per ridurli pian piano sul lastrico..."
E’ da ricordare che a quel tempo, nonostante il notevole incremento del commercio, dei traffici marittimi, delle industrie, il livello di vita della classe operaia e contadina savonese era molto basso. La miseria era accompagnata da una diffusa ignoranza, per via di un ancora diffuso analfabetismo. Gli operai erano sottoposti, uomini, donne e ragazzi, ad orari massacranti di dodici e perfino quattordici ore giornaliere, con salari di fame, alla completa mercé dei padroni, senza assistenza per le malattie e la vecchiaia.
Il 12 gennaio 1888 il suddetto quotidiano genovese tornava sull’argomento: "A nulla sono valsi i buoni uffici prestati dal compitissimo sottoprefetto Cav. Maccaferri, dal delegato Capo della Questura Signor Terrasconi, per un buon componimento della questione. [Savona era sede di sottoprefettura sin dal 1859 quando, per un’assurda disposizione del ministro Rattazzi, era stata declassata da capoluogo di provincia a capoluogo di circondario ed aggregata alla provincia di Genova. Ritornerà provincia il 6 dicembre 1926. N.d.r.]. In ultimo gli operai pentolai avrebbero tutti quanti ripreso il lavoro se i padroni avessero licenziato gli apprendisti, ciò che essi rifiutarono decisamente. Un invito poi dei padroni, pubblicato sull’albo pretorio del palazzo municipale, invita a riprendere il lavoro il giorno di lunedì 9 corrente, dichiarando che in caso diverso si sarebbe provveduto altrove. Gli operai non aderirono all’invito e ciò fece meraviglia..."
L’indipendente, bisettimanale savonese diretto da Onorio Blengini l’8 gennaio pubblica una lettera di un certo T, di evidente ispirazione padronale: "Da due settimane i giornali di Genova e di Savona si occupano dello sciopero degli stovigliai di Albissola. I fabbricanti, costituendosi in società, dopo la sospensione dei lavori e senza esserne stati richiesti dichiararono di essere pronti ad aumentare la mercede. Dunque i lavoranti hanno doppio torto: torto per il modo con cui abbandonarono le fabbriche, torto per le ingiuste pretese che avanzano e che sono la più manifesta violazione del diritto dei capi fabbrica. Non v’è ragione che giustifichi il preteso conflitto di interessi dei padroni contro gli operai, e sarebbe tosto l’ora che questi ultimi consultando il loro buon senso e non altre persone se ne persuadessero una buona volta e riprendessero i lavori. Un po’ di buon senso basterebbe ed una cinquantina di operai aspettano unicamente che il primo cominci per imitarlo. Soltanto in questa maniera potrà sciogliersi la questione".
Lo sciopero intanto continuava e il 17 gennaio lo stesso settimanale auspica un accomodamento mediante un arbitrato: "Ci consta che lo sciopero d’Albissola non è ancora finito. Gli operai stovigliai ed i capi fabbrica dopo tutto dovrebbero rimettersi ad un arbitrato onde la questione venga onorevolmente definita per ambe le parti. In questi ultimi giorni si adopra molto all’uopo il Cav. Schiappapietra, Sindaco di Albissola Mare".
Si arriva invece alla sera di martedì 24 gennaio, quando un fortuito incontro fra padroni e operai in una trattoria, provoca disordini inaspettati. Alcuni stovigliai vengono fatti segno a colpi di rivoltella, vi sono feriti, avvengono risse e arresti: Il Secolo XIX del 29 così intitola la cronaca dei fatti: I Pentolai scatenati contro i Padroni. Albissola assiste ad una notte brava. Nella giornata di martedì giunsero ad Albissola due signori da Valory in Francia per una vendita di terra refrattaria ai quali venne poi offerto da diversi padroni di fabbrica un pranzo all’Albergo Italia, condotto dal Signor. Bolancini Giovanni. Gli operai pentolai videro nei due francesi non già negozianti di terra refrattaria, ma agenti di altri operai da inviare ad Albissola a lavorare, essendovene già in questo paese due di Valory. In breve l’albergo venne invaso da una ventina di operai scioperanti facendo un baccano del diavolo e urlando invettive all’indirizzo dei padroni, i quali vedendo la brutta piega che prendeva la faccenda mandarono a chiamare l’assessore signor Poggi, che riuscì a far uscire dall’albergo il più riottoso degli operai: nel frattempo i due francesi approfittarono di una vettura che si dirigeva a Savona per togliersi da quel tumulto. Tutto pareva terminato, quando un nuovo assembramento di operai si formò sulla pubblica via intorno ai padroni usciti dall’albergo e dalle parole passati a vie di fatto, uno di questi, certo Schiappapietra Giobatta, detto Baciccia, riportava un sì forte colpo contundente al capo da cadere tramortito al suolo. Il suo fratello Giuseppe, venuto in di lui soccorso, ricevette un colpo di rivoltella alla mano sinistra. Un altro padrone, certo Barile Antonio, perseguitato dalla folla che voleva percuoterlo, se la diede a gambe verso casa sua onde rassicurare la sua famiglia che per lui stava in ansia, quando disgraziatamente inciampò e perduto l’equilibrio stramazzò a terra. La folla, che dietro lo seguitava, lo raggiunse e chissà cosa sarebbe avvenuto di questo disgraziato, se non fossero sopraggiunti sul luogo a liberarlo il brigadiere e molte guardie di finanza. Anche un certo Gialdini, anche lui padrone, venne inseguito dal popolo esaltato, ma egli, che alle gambe aveva messo le ali, poté raggiungere sano e salvo un portone oltre il passaggio della ferrovia. Alle undici arrivarono in vettura da Savona il capitano dei Carabinieri Signor Causigliuti, con un buon nerbo di questi, il delegato capo della Questura Signor Terrasconi ed operarono come si sa dieci arresti. Il giorno dopo, mercoledì, si recarono sul luogo il Giudice istruttore Signor Lago ed il Procuratore del Re Sig. Cav. Margiotta pel procedimento di legge. Questa non è che la verità, niente altro che la verità sui deplorevoli fatti di Albissola Mare"
Un’altra "verità", ci viene fornita da L’Indipendente del 26 gennaio. Il direttore si reca in carrozza ad Albissola "onde avere le notizie dirette sul luogo", e racconta: "erano circa le otto della sera di martedì ed un gruppo di padroni di fabbrica aveva finito di cenare nella Trattoria d’Italia, al principio della Via Bruciati, condotta dal bravo Giovanni Bogliancini. Pare fosse con i padroni di fabbrica anche certo Signor Grass, provveditore dalla Francia della terra necessaria per la fabbricazione delle stoviglie, il quale ha interesse che la vertenza fra operai e padroni, che perdura ormai da 42 giorni, sia presto risolta. Nella trattoria v’erano pure degli operai, non però dei scioperanti. Nell’uscire, non si sa come precisare il fatto, ma la verità è che i padroni estraessero le rivoltelle e cominciarono a sparare sugli operai inermi: Edoardo Pesce, d’anni 26, bel giovane d’alta statura, operaio impastatore molto apprezzato, rimase ferito alla testa ed al petto. Però il medico Signor Cabella ci ha detto senza gravità. Un padrone di fabbrica, G.B. Schiappapietra, si è ferito alla mano con la propria rivoltella, probabilmente scoppiata, dacchè il calcio dell’arma fu raccolto più tardi dai carabinieri. Dopo i colpi dei revolvers cominciarono i cazzotti ed i pugni e, pare, siano stati molto sonori. Alcune guardie di finanza intervennero per sedare il tumulto. Fu telegrafato a Savona per l’invio della Forza. Il paese, che nella massima parte era già a letto a dormire, svegliato di soprassalto pensò subito ad un nuovo terremoto.
[Era ancora viva nella popolazione il ricordo del terribile disastro sismico avvenuto all’alba del 23 febbraio dell’anno precedente lungo la costa ligure di Ponente, che causò centinaia di vittime e gravissime distruzioni. Ad Albissola Marina i morti furono due, vari i feriti ed alcune case crollate. N.d.r.]
La Questura e il comando dei carabinieri appena giunti sul luogo fecero degli arresti ed ancora oggi si è continuato. In tutto gli arrestati sono 10 operai e i nomi non abbiamo potuto averli. [Furono tradotti a Savona e rinchiusi nelle carceri di Sant’Agostino; anche alcuni padroni trovati in possesso di rivoltelle vennero arrestati, ma il mattino dopo rilasciati. N.d.r.] Stamattina, mercoledì un imponente numero di donne e ragazzi, guidato da una eroina che sventolava una bandiera tricolore, percorse il paese gridando: "Vogliamo fuori gli arrestati . Gli operai galantuomini sono in prigione e i briganti colla pistola sono in libertà. Viva Forzano e Seirullo!" E questi sono due proprietari che non hanno aderito alla società fra padroni, che fu l’origine dello sciopero. I carabinieri si presentarono per sequestrare la bandiera, ma alla Forza fu negata e non consegnata. Però verso mezzogiorno la dimostrazione si sciolse e la caporiona riportò in sua casa la bandiera. L’Autorità teme molto da queste donne, le quali sono esasperatissime. Il fermento nel paese di Albissola Mare è al colmo. Il Sindaco trovasi assente. Il prosindaco è partito stamane per affari privati. Regge il Comune il Signor Gasparini segretario dello stesso. Il Municipio è occupato dalla Forza. Il capitano dei carabinieri Cav. Siglienti, ed il delegato capo della Questura Signor Terrasconi, stanno facendo l’esame dei fatti. E perché no il Giudice Istruttore od almeno un vice Pretore? Per questa sera alle ore 6 sono convocate in adunanza le Società Stovigliai e di Mutuo Soccorso fra gli operai. Noi raccomandiamo la calma, come madre della ragione. Per l’ora tarda non possiamo aggiungere di più".
In quella adunanza, presieduta dagli avvocati Carlo Astengo e Magenta, nonché da Nicolò Duce in rappresentanza della Consociazione della Società operai di Savona, fu data lettura, tra l’altro, di una lettera dell’on. Adolfo Sanguinetti del collegio di Cairo Montenotte, che prometteva da Roma il suo vivo interessamento; venne inoltre stanziato un sussidio per le famiglie degli operai arrestati. E il 29 gennaio L’Indipendente comunicava che "dopo i fatti svoltisi nei giorni scorsi, in Albissola è ritornata la calma, per quanto apparente. E’ intanto seguita l’istruttoria per il processo, il quale dovrebbe farsi per citazione direttissima nell’interesse generale. E così si spera dalla operosità dell’egregio Giudice Istruttore Signor Lago".
Nel frattempo il sottoprefetto di adopera per la composizione della vicenda, e con l’intervento determinante dell’on. Sanguinetti, giunto appositamente dalla capitale, la sera di domenica 5 febbraio il concordato fra le due parti, che pone fine allo sciopero, viene finalmente siglato nella sala del Consiglio comunale. I fabbricanti dichiarano di riaprire, a cominciare da domani lunedì, le loro fabbriche e di riassumere al lavoro e con lo stesso salario tutti gli operai che vi lavoravano prima di detto sciopero. Inoltre i fabbricanti si obbligano a non licenziare alcun operaio se non per casi gravi o per legittimi motivi, che dovranno però essere riconosciuti da un arbitrato. Infine i fabbricanti si obbligano, in caso di mancanza di posti, a dare la preferenza agli operai delle due Albissole.
E’ ancora L’Indipendente del 9 Febbraio reca: " Mercé la buon voglia dei capi fabbrica e degli operai e dietro intromissione del Sottoprefetto Cav. Maccaferri, lo sciopero d’Albissola, durato quasi due mesi, è terminato. Ieri furono ripresi i lavori in dieci fabbriche. Anche l’On. Sanguinetti all’ultima ora giunse a mettere la sua parola di pacificazione ed a raccogliere gli allori della sua popolarità. Gli fu offerto un banchetto, da lui rifiutato. Sciolta la seduta, tutti, compresi l’On. Sanguinetti e il Sottoprefetto, andarono a bere insieme".
E il 19 dicembre, nella Pretura di Savona, ebbe inizio il processo presieduto dal vice pretore avv. Pietro Murialdo, per i fatti del 24 gennaio. "Fu sollevata dall’avv. Priario della difesa la questione d’incompetenza, che dal Vice pretore non venne accolta, ed oggi è intanto proseguito il dibattimento colle arringhe degli egregi avvocati. Domani venerdì sarà data la sentenza" Giuseppe Fornari venne condannato, per il ferimento di Pesce Edoardo, a lire 50 di ammenda per porto abusivo d’armi e ai danni verso la parte lesa; Giuseppe Schiappapietra venne assolto per il ferimento del Pesce e condannato a lire 50 di ammenda per porto abusivo d’armi. I due imputati erano difesi dagli avvocati Carlo Felice Ruggieri di Torino e Testa di Savona .
Gli operai Ziller e Poggi, difesi dagli avvocati Priario e Della Rocca di Genova, furono condannati, per percosse ai danni di Schiappapietra Giobatta e Barile Antonio, a lire 2 di ammenda e ai danni verso le parti lese.
E’ da rilevare infine che pochi mesi dopo la fine del lungo sciopero degli stovigliai albissolesi, nell’agosto dello stesso 1888, a Savona si effettuava un’altra e questa volta imponente agitazione. Millesettecento lavoratori dello stabilimento metallurgico Tardy e Benech, anch’essi decisi a reclamare i propri diritti, davano il via al difficile cammino del movimento operaio savonese attraverso i primi grandi scioperi.

                   Bibliografia: Il Secolo XIX, Dicembre 1887, Gennaio 1888
                   Il Cittadino - Gazzetta di Savona, Gennaio 1887
                   L’Indipendente, Gennaio, febbraio e dicembre 1888
                   Rodolfo Badarello, Cronache Savonesi dell’800, Ars Graphica, Savona 1977.



 
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