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DOVERE DI STORIA
di Tullio Mazzotti
Mi è capitato di lavorare con Milena Milani all’organizzazione di mostre o durante qualche manifestazione, da lei ho imparato molto. Fra le tante cose una, in particolare, mi è rimasta ben in mente: la “storia” la fanno i libri. Quello che rimane scritto ha valenza superiore alla memoria verbale. Dunque la precisione è d’obbligo.
Nella polemica (che brutta parola, forse meglio dire ricerca della verità storica) fra me e Milena Milani relativamente alla ricerca dei responsabili dell’arrivo di Asger Jorn a Albisola le impressioni personali e i ricordi datati poco contano, su questo sono d’accordo con la scrittrice savonese. È per questa comunione di vedute che pubblichiamo qualche documento a riguardo rimanendo disponibili a affrontare l’argomento in qualsiasi sede, per dovere di verità. È indubbio che siano stati Enrico Baj e Sergio Dangelo a sviluppare i -sostanziali- contatti con il danese e, sempre loro, a farlo venire a Albisola. Anzi per la precisione cronologica, fu Sergio Dangelo ad accompagnare Jorn sulla riviera, Enrico Baj arrivò sulle rive del Sansobbia successivamente, quando gli Incontri Internazionali della Ceramica erano già avviati.
“Oggi considero BAJ come uno dei più interessanti artisti italiani e vorrei dire la punta massima della fantasia di tutte le avanguardie : Ma quando sbaglia è altrettanto madornale. Ai tempi degli incontri del ’54, in Albisola, Enrico Baj non poteva ancora legittimamente considerarsi della tribù cavernicola che, munita di clava, sgominava e terrorizzava i paleofuturisti delle nostre caverne! METTIAMO LE COSE A POSTO” cosi scriveva Tullio d’Albisola in una lettera nell’agosto 1962.
Ma al di là di queste precisazioni sui particolari il merito dell’arrivo di Asger Jorn in Albisola appartiene storicamente e per sempre a Enrico Baj e Sergio Dangelo, la paternità degli Incontri Internazionali della Ceramica del 1954 appartiene a Asger Jorn, Sergio Dangelo e Tullio d’Albisola.
La riuscita di tale evento fu responsabilità di tutti gli artisti partecipanti e i benefici di quell’evento furono appannaggio di Albisola e dell’arte mondiale.
La dichiarazione virgolettata rilasciata a Il Secolo XIX del 23 novembre 2003 da Milena Milani circa il fatto che fu Wilfredo Lam a parlare di Albisola per primo al Danese sembra essere smentita, oltre che dalla storia e da tutta un ampia documentazione in proposito (vedasi anche l’intervista di Giovanni Poggi a il Tornio del dicembre 2001). In particolare pubblichiamo quanto dichiarato dallo stesso Lam su un numero speciale di Riviera Notte del 1970 (curato dalla stessa Milena Milani).
Rimane da capire per quale ragione Milena Milani abbia provato a trasformare un dialogo parigino in qualcosa di più importante di un semplice colloquio.
Certamente questo “instorico” tentativo nulla toglie al valore della scrittrice (ma certo non le fa onore) a cui va riconosciuto di aver fatto molto per Albisola, almeno tanto quanto essa le ha voluto bene. La donazione che Milena Milani ha desiderato fare a Savona, la sua collezione d’opere d’arte, preziosissima, rappresenta la documentazione storica di un rapporto della scrittrice con Carlo Cardazzo (di cui fu anche compagna nella vita), con il mondo dell’arte e della cultura, ma rappresenta anche il positivo tentativo divenire immortale, di rimanere viva per sempre attraverso le opere donate, attraverso il ricordo. Io voglio ricordare Milena Milani come ho avuto la fortuna di conoscerla negli anni ottanta quando, sempre battagliera, ma meno incline alle polemiche e più protesa al fare, era CONTEMPORANEA.