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Renzo Aiolfi
"a Savona mi conoscono tutti, anche il boia"
di Tullio Mazzotti
Renzo Aiolfi assieme a Renata Scotto
Domenica 6 agosto 2000 è morto Renzo Aiolfi.
Era ricoverato alla Clinica Riviera di Savona in seguito a una caduta nella quale si era fratturato un femore.
Aveva 84 anni.
Renzo era un istituzione savonese: assessore alla cultura del Comune di Savona, direttore del teatro Chiabrera ma, soprattutto, amico di Savona, della sua Savona.
Nato e vissuto sempre nella stessa casa di via Guidobono 15 conosceva la città credo come nessun altro, la amava, così come amava il contatto con la gente.
Aveva innata la capacità di comunicare con chiunque come se lo conoscesse da sempre.
Ricordo una sua visita presso il nostro museo in cui assieme a lui vi era Vittorio Sgarbi, ricordo la semplicità di dialogo che c’era fra loro e il rispetto che Sgarbi dimostrava verso Aiolfi; lo stesso rispetto che la cantante lirica Renata Scotto riceveva da Renzo e a lui rivolgeva.
Della sua attività letteraria, della sua vita, del suo fine declamare le poesie di Farfa, delle sue conoscenze e della sua cultura altri scriveranno meglio di me.
Quello che desidero ricordare è l’amico, il compagno di tante cene in cui la sua lucidità e capacità di analisi emergeva sugli altri commensali.
Ricordo le discussioni "selvagge" con Franco Dante Tiglio e Giovanni Tinti sul significato del fare arte; ricordo i suoi racconti sulla vita savonese, usi e costumi locali.
Ricordo il suo grande appetito, era un ottima forchetta e fine conoscitore dell’arte culinaria.
L’ultima volta che lo ho visto, steso nel letto della clinica in cui era ricoverato, il suo aspetto lasciava presagire una fine imminente, ma non certamente il suo spirito.
In quell’occasione ci ha raccontato, lui che già non mangiava più da un mese, come si doveva cucinare la "muscolata" e si infervorava se la moglie, la "Tigre del Bengala" cosi come lui la chiamava con simpatia ricordando così di lei un carattere forte, lo interrompeva.
Credo che tutti coloro che lo hanno conosciuto di persona ricorderanno un suo apostrofare simpatico e stuzzicante: "Chitarella" (piccola chitarra).
Così si rivolgeva a chi veniva da lui ritenuto un po’ superficiale; a turno tutti siamo stati chiamati da Renzo con quel suo curioso nomignolo.
Sono sicuro che se lui fosse stato vivo al suo funerale, in cui l’omelia si è protratta ingiustamente troppo a lungo, avrebbe apostrofato il prete ufficiante con un "sta sitto chitarella" (stai zitto piccola chitarra").
Voglio ricordare un episodio capitato pochi mesi fa, che da la dimensione vera dell’uomo Renzo.
Mentre scendeva dalla mia auto, dalla porta posteriore, inavvertitamente Giovanni Tinti nel chiudere la porta gli schiacciava due dita della mano destra.
Imprecazioni a non finire, disappunto al pensiero di dover rinviare alcuni lavori che aveva in programma e conseguente visita al pronto soccorso.
All’accettazione l’infermiera di turno gli chiese i documenti e lui rispose: "documenti non ne ho, io sono Renzo Aiolfi e a Savona mi conoscono tutti, anche il boia", finito di compilare il modulo di accettazione cercò di entrare direttamente all’interno delle sale mediche, l’infermiera cercò allora di spiegargli che doveva aspettare il suo turno, al ché lui si rivolse a me dicendomi "andiamocene via, portami a casa".
Questo era Renzo Aiolfi, fiero e indomito.