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Riflessioni critiche sulla "Biennale di Ceramica" di "attese" in Albisola
L’APPROCCIO CON L’ARGILLA PUÒ ESSERE STRUMENTALE
OPPURE QUESTA MATERIA È UN NOBILE MEZZO ESPRESSIVO?
L'invito agli Enti Pubblici che finanziano l’iniziativa ad interessarsi perché l’eventuale seconda edizione sia al servizio della nostra comunità prevedendo una direzione artistica prestigiosa, la partecipazione degli artisti albisolesi, il coinvolgimento di tutte le fabbriche locali
di Tullio Mazzotti
settembre 2002
307 milioni di Lire nel 2002 (158.552,27 Euro), 393 milioni di Lire nel 2003 (202.967,55 Euro) sono gli importi indicati nel piano finanziario per la "II Biennale di Ceramica nell’Arte Contemporanea" in procinto di essere organizzata dall’Associazione Culturale "attese".
Si legge nel documento di progetto, presentato al Comune di Albissola Marina in data 8 marzo 2002 (protocollo n° 3773), che tali importi saranno coperti nel 2002 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Savona per 150 milioni di Lire (77.468,53 Euro), dalla Regione Liguria/Provincia di Savona L.R. 7 per 50 milioni di Lire (25.822,84 Euro). Inoltre figurano, con importi da definire, altri Enti Pubblici quali: il Comune di Savona, il Comune di Vado Ligure, il Comune di Albissola Marina, il Comune di Albisola Superiore, l’A.P.T. Riviera delle Palme e l’Autorità Portuale di Savona.
Gli stessi Enti Pubblici figurano fra gli "sponsor" del piano finanziario anche per il 2003.
In particolare, sempre la Fondazione Cassa di Risparmio di Savona con altri 150 milioni di Lire (77.468,53 Euro), la Regione Liguria/Provincia di Savona L.R. 7 con altri 50 milioni di Lire (25.822,84 Euro) e il Comune di Savona, il Comune di Vado Ligure, il Comune di Albissola Marina, il Comune di Albisola Superiore, l’A.P.T. Riviera delle Palme e l’Autorità Portuale di Savona che vengono indicati nuovamente con importi "da definire".
Se è vero che gli Enti sopra elencati hanno già deliberato gli importi o gli indirizzi cultuali (per il 2002 e il 2003) emergono strategie ben precise da parte di questi soggetti pubblici.
E’ evidente come essi preferiscano l’acquisto di un "evento espositivo" a discapito di "interventi progettuali", siano essi di tipo temporale (mostre, incontri o altro) o di tipo strutturale (musei o strutture).
Tale scelta non può che basarsi su tre presupposti:
che non sia necessario un Museo della Ceramica del territorio Albisola/Savona o in alternativa che tale obiettivo non sia prioritario, oppure che tale compito sia delegato alle strutture (private e non) già esistenti;
che non sia necessaria una funzione pubblica di progettazione, ma che, al meglio, sia più efficace "acquistare" eventi senza che gli stessi Enti Pubblici svolgano appieno una funzione di indirizzo "politico culturale";
che il taglio critico evidenziato nella prima edizione della Biennale di Ceramica nell’Arte Contemporanea e confermato nel documento di progettazione della seconda edizione sia quello giusto e necessario per lo sviluppo del territorio, della cultura locale e dell’ambiente artistico-ceramico.
Pur riconoscendo al Presidente e al Vicepresidente dell’Associazione Culturale "attese" il merito di portare avanti, così sembra, il progetto della Biennale (che per altro è una loro creazione) ci sia permesso di dissentire.
Innanzi tutto nella forma; sarà sicuramente vero che gli Enti Pubblici hanno già stanziato gli importi (o deliberato gli indirizzi) indicati nel documento di progetto protocollato al Comune di Albissola Marina l’8 marzo 2002, ma un importo globale di tale entità (700 milioni di vecchie Lire) avrebbe dovuto avere un "percorso" di maggiore visibilità e maggior coinvolgimento e condivisione da parte dei soggetti che sul territorio hanno, nel corso degli anni, lavorato e che continuano a lavorare.
Ma soprattutto nella sostanza.
Non possiamo riconoscere infatti né gli obbiettivi né il taglio critico della manifestazione.
Cosa non va? Cosa correggere?
L’errore più grosso sta certamente nell’individuazione delle priorità; ovvero la scelta di investire 700 milioni in un evento lasciando indietro la "creazione" di un Museo della Ceramica o di un "sistema museo". Senza contare l’esigenza di recuperare urgentemente Villa Jorn e la necessità di allestire una sala espositiva che possa accogliere mostre d’arte contemporanea di livello.
Queste esigenze sono sentite e necessarie al territorio!
Ma proseguendo, appaiono evidenti altre anomalie e scelte non utili alla collettività locale che ci piacerebbe fossero corrette.
La prima, emersa già nella passata edizione, dove su trentasei fabbriche esistenti ne sono state coinvolte sono state solamente tre (oggi sembrerebbe che a seguito delle molte osservazioni negative in merito il coinvolgimento appaia maggiore). Infatti è già stato contattato un certo numero di fabbriche, alcune di maggiore dimensione con il ciclo completo della lavorazione (Ceramiche San. Giorgio, Ceramiche Soravia, Studio Ernan e altre) e anche piccole fornaci (come le Ceramiche Leda). Non tutte sono state invitate. Su quali basi è stata fatta questa discriminazione?
La risposta potrebbe apparire, a un conoscitore del territorio, più indirizzata ad una opportunità di consenso che non ad una effettiva valorizzazione dei contenuti artistici.
La seconda si può individuare nella scelta di escludere ogni artista frequentatore di Albisola/Savona. Con quali motivazioni? Poco credibile, infatti, che nessuno degli indigeni sia degno di partecipare perché non "inserito nel circuito internazionale" o "non meritevole criticamente" (Oscar Albrito, Attilio Antibo, Roberto Bertagnin, Aurelio Caminati, Carlos Carlè, Claudio Carrieri, Gianni Celano Giannici, Enzo L’Acqua, Adriano Leverone, Sandro Lorenzini, Milena Milani, Giorgio Moiso, Walter Morando, Giampaolo Parini, Danielle Sulewic e i foresti Jacky Coville, Lucio Del Pezzo, Rolando Giovannini, Emanuele Luzzati, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Roger Selden, Marco Silombria, Raimondo Sirotti, Ernesto Treccani cosa sono? "Toutes merdes" ?).
Inoltre il taglio nella scelta critica degli artisti partecipanti appare estraneo e lontano dalla storia albisolese; nella maggior parte dei casi infatti (almeno nella prima edizione) sono artisti che usano la ceramica al pari di qualsiasi altro mezzo espressivo, senza preoccuparsi delle potenzialità di questa materia. Un "metodo di lavoro" legittimo, se si vuole, ma distante dalle caratteristiche "genetiche" che hanno sviluppato l’arte in Albisola.
Infatti sino ad oggi gli artisti che hanno lavorato ad Albisola si sono avvicinati all’argilla, dopo altre esperienze, con l’obiettivo di realizzare un prodotto artistico, ma con il desiderio di cimentarsi con questa materia sovente a loro sconosciuta al fine di verificarne le potenzialità espressive comparate con altre procedure (pittura, scultura ...) e di trarre, da queste verifiche empiriche, un giudizio indicativo sul suo futuro.
Infatti, vi sono stati, a fronte di una valutazione positiva e di un impegno artistico duraturo nel tempo da parte di numerosi artisti, casi in cui più di uno di essi ha rinunciato ad esprimersi con questa materia.
Nel caso di "attese" le opere esposte hanno poco o nessuna attinenza con questa "filosofia" culturale che ha caratterizzato positivamente la storia artistica di Albisola.
Esse invece sono il risultato di un approccio strumentale, effimero e "consumistico" con l’argilla e la storia di Albisola, in piena sintonia con le "teorie politiane" portate avanti dal giornale Flash Art di cui Politi ne è editore.
Il punto dirimente è allora questo: al bivio di questo lungo tragitto culturale, artistico ed esistenziale chi decide quale strada prendere?
Due privati cittadini (Costantino e la moglie Casapietra, responsabili artistici della mostra) o la comunità albisolese?
E gli Enti Pubblici che fin qui hanno avallato acriticamente questa operazione sono consapevoli della scelta di fondo che sta alla base della mostra? Sono veramente consapevoli di abdicare alla loro funzione progettuale solo in nome della "novità" o di qualche "recensione stampa" (che nella maggior parte dei casi nella prima edizione furono negative criticamente)?
Un’operazione dunque, questa di "attese", ben distante dall’approccio creativo con la ceramica sia dei futuristi e ancora di più dei maestri degli anni Cinquanta e Sessanta.
E’ attraverso il loro lavoro e quello degli artigiani, per il rispetto che avevano per la materia, che Albisola è divenuta famosa nella storia dell’arte del Novecento, una storia che qualcuno sembra voler usare a suo favore, senza peraltro dare nessun controvalore in cambio.
E ancora, se l’indirizzo critico che si sceglie è quello di procedere in una direzione di privilegio del "concetto", rispetto al "fare", diventa ancora di maggior importanza il "dialogo", diventa ancor più necessario "un tavolo di dibattito artistico" che, al contrario, la struttura di questa Biennale rifiuta in ogni modo attraverso la discriminazione di tutti gli artisti locali e con la "blindatura" della Direzione Artistica.
Infatti la Commissione Cultura di Albisola Mare, con intento costruttivo, ha indicato alcuni correttivi, fra cui l’inserimento nella Direzione Artistica (vero punto dirigenziale e indirizzante dell’evento) di almeno due persone profondamente conoscitrici della realtà albisolese.
Tale più che legittimo suggerimento è stato respinto decisamente dai Sig.ri Costantino e Casapietra. Perché?
Se la scelta critica degli artisti viene indirizzata verso una determinata direzione se non si sviluppano parallelamente ampie occasioni di dibattito culturale si rende vano l’apporto che questi "nuovi personaggi" possono lasciare ad Albisola.
Al contrario essi prendono soltanto senza dare.
Cosa lascia questa "maleducata" mostra ad Albisola?
Allora il lavoro di Fontana, Jorn, Sassu, Dangelo, Baj, Scanavino, Fabbri, Rossello e tanti altri ha elevato la ceramica da arte applicata a materia d’arte.
Il rispetto che i maestri avevano per Albisola (e tutti gli artisti che la frequentavano) l’ha resa punto di riferimento per tutta la comunità artistica internazionale con un beneficio di cui godiamo tuttora.
E oggi? Possibile che gli Enti Pubblici non vedano questa distorsione progettuale?
Ma davvero l’amica Chilosi e il Dr. Lunardon (membri della Commissione Cultura della Fondazione Cassa di Risparmio di Savona, Ente promotore) approvano coscientemente tali scelte?
Sarebbe certamente più utile la costruzione di una struttura permanente capace di produrre cultura e aggregazione rispetto all’acquisto di una mostra "blindata" che non colma alcun vuoto culturale; ad esempio, si potrebbe pensare, attraverso una progettata strategia sinergica di tutti i soggetti istituzionali e privati interessati, alla utilizzazione dell’ex fabbrica Sacer per la creazione di un Museo. Ma, ammettendone per ipotesi, l’esigenza perché in cambio di 700 milioni di vecchie Lire dati in mano ai due membri della Direzione Artistica, vera "sala di regia" della Biennale, gli Enti promotori o finanziatori non impongono quei correttivi necessari a rendere utile la manifestazione non solo per gli attori della mostra (artisti e curatori) ma anche per coloro che in Albisola e Savona vivono e lavorano?
Il Convegno Internazionale che documenterà la produzione materiale e teorica (anche tramite l’ausilio di apparati audiovisivi) del laboratorio propedeutico alla II edizione e affronterà i seguenti temi: la ceramica nell’opera di Arturo Martini, Piero Manzoni le prime prove pittoriche, i primi achrome, la "merda d’artista" e la ceramica di Albisola, Casa Jorn l’Internazionale Situazionista.
Il Premio Vado dedicato ad Arturo Martini (una sezione di studi storici, critici e teorici dedicati alla figura di Arturo Martini con un aggancio equilibristico a Manlio Trucco).
Illustrati nel documento di progetto come "un intermezzo fra le attività produttive e teoriche del laboratorio e l’esposizione internazionale della Biennale .. che avrà luogo nell’estate 2003" le due iniziative predette non sembrano certamente coprire la distanza fra il tessuto artistico locale e l’evento.
Sono e rimangono piccoli pagliativi che non colmano le carenze strutturali dell’iniziativa.
La terza osservazione sta nel fatto che proprio in relazione alla costituzione di un Museo della Ceramica (da costruirsi in un "lontano" futuro?) gli artisti partecipanti dovrebbero lasciare un opera, una loro testimonianza artistica e un loro contributo alle Albisole, in cambio dei 700 milioni spesi a favore di una mostra a loro dedicata.
Tra l’altro è sempre avvenuto così.
Da Jorn a Fontana, da Baj a Dangelo, da Corneille a Matta, tutti gli artisti lo hanno sempre fatto.
E poi, visto che i grandi maestri sono stati inseriti in modo strumentale ma con grande profitto nella mostra perché non trarne esempio (un piccolo inciso a tale proposito: nella sede espositiva di Albisola Mare, nella prima edizione della Biennale, fra le opere esposte, fra quelle dei grandi maestri mischiate ai partecipanti contemporanei, con una scelta che può apparire anche strumentale, ve ne era una veramente singolare: la fotografia di un piatto di Piero Manzoni. I 189 visitatori in un mese di mostra paganti Lire 6.000, prima di entrare nel Museo d’Arte Contemporanea di Albissola Marina, potevano così ammirare, dopo essere entrati, la bella fotografia di un opera originale di Manzoni).
Certamente una pessima offerta turistico culturale!
La quarta critica sta nel fatto che appare inusuale l’onnipresenza del Signor Costantino e della moglie Sig.ra Casapietra, nel contempo organizzatori (nelle cariche istituzionali dell’associazione) e membri unici della "Direzione Artistica" della biennale (se pur coadiuvati da un comitato artistico, troppo ampio e troppo "esterno al territorio" per essere efficace dal punto di vista progettuale).
Ripetiamo sino all’infinito l’esigenza primaria di sviluppare un dialogo fra i soggetti presenti sul territorio. Non è questione di paternità o meno del progetto, ma appare evidente che la fase progettuale non possa essere blindata e che studiosi e critici profondamente testimoni e conoscitori del novecento albisolese (che ha fatto la storia dell’arte mondiale) siano esclusi.
Al riguardo si pensi alle edizioni delle precedenti Biennali organizzate dal Comune di Savona o alla mostra "Albisola /Gli artisti & la ceramica" organizzata dalla Camera di Commercio di Savona al Priamar nel 1990. Al coinvolgimento di allora fra artisti e ceramisti, ai rapporti che ancora oggi sono vivi e attuali.
Cosa è invece rimasto della prima edizione di "attese"? Ai due Comuni albisolesi non sono rimasti neppure gli indirizzi dei 25 artisti partecipanti.
Magari sarebbe stato interessante fargli avere gli inviti per le mostre che le 18 gallerie e circoli culturali organizzano con grande passione e risorse limitate.
Ben diverso appare il "cenacolo degli artisti" degli anni ‘50 e questo "modus operandi" che sembra porre alla base il non dialogo.
Gli Enti Pubblici non possono deliberatamente commettere questi errori di fondo "delegando" ai Sig.ri Costantino e Casapietra la funzione totale di "Direzione Artistica".
Se si decide di spendere 360 mila Euro di denaro pubblico per l’organizzazione di una mostra questa non può essere blindata.
L’apporto di coloro che hanno vissuto Albisola, che ne hanno vissuto il Novecento non può essere ignorato, non può esserci a monte una discriminazione fra le fabbriche invitate a partecipare (tutte debbono essere invitate), non può esserci una esclusione degli artisti che amano Albisola sino al punto di viverci e lavorarci.
Ci deve essere una progettazione culturale di base che in questa occasione gli Enti Pubblici non hanno minimamente affrontato accontentandosi della parole "novità" e "vetrina internazionale" senza domandarsi cosa questo "prodotto culturale" produrrà nel futuro.
Ci deve essere una maggiore equità (o ci deve essere equità) fra il ricevere e il dare.
700 milioni di vecchie lire non sono un importo trascurabile (neppure 400 come nel documento di progetto vengono dichiarati già stanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Savona e dalla Regione Liguria/Provincia di Savona, L.R.7).
Ne risulta, come è apparso in tutta la sua evidenza nella prima edizione, l’estraneità culturale e artistica dell’evento rispetto al tessuto di Albisola-Savona.
Come è possibile che tutto ciò avvenga? Quale vantaggio per il territorio? Quale vantaggio per gli Enti finanziatori?
Forse quello di un ritorno d’immagine? Così sembra emergere dalla Relazione di Risultato della prima edizione inviata al Sindaco di Albissola Marina?
Ma con tali importi non si potrebbe fare, con ben maggior beneficio, una campagna informativa e di valorizzazione di Albisola? Magari mirata "anche" a tutte le fabbriche di ceramica (iscritte alla Camera di Commercio di Savona), alle 18 Gallerie d’Arte o Circoli Culturali che con fatica operano a favore dell’arte e della cultura, nonché a favore degli artisti che rispettano Albisola e usano la ceramica come "materia ceramica"?
In chiusura annotiamo una dichiarazione del Sig. Costantino rilasciata a IL SECOLO XIX e pubblicata il 20 agosto in cui dice che la II edizione costerà 125 mila Euro.
Premesso che nel documento di Progetto presentato al Comune di Albissola Marina in data 8 marzo 2002 (protocollo n° 3773) i costi della seconda edizione vengono indicati in 158.500 Euro per il 2002 e in 361.500 Euro per il 2003), per un totale di spesa di 361 mila Euro per la II Biennale di Ceramica )?
Ci chiediamo: si tratta di 361 mila Euro (come messo nero su bianco) o 125 mila Euro (come dichiarato)?
La risposta a consuntivo, basta avere pazienza!