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Mario Rossello (1927 - 2000)
Un cambio di generazione ?
di Tullio Mazzotti
Mario Rossello, a destra, e Aldo Mondino nello Studio Casarini di Savona
Foto tratta da "La Fortezza di Vetro" 1991, Camera di Commercio di Savona, Grafiche F.lli Spirito
Da pagina 119 a pagina 611.
Più d’uno, anche autorevoli personaggi, hanno criticato "L’AVVENTURA ARTISTICA DI ALBISOLA" scritto da Luciano e Margherita Gallo Pecca ed edito da EL Editrice Liguria di Norberto Sabatelli, ma al contrario delle critiche che svaniscono il libro rimane l’unica testimonianza organizzata del periodo più rivoluzionario di Albisola.
Di Mario Rossello, cittadino onorario di Albissola Marina dal 1979 e insignito della Rosa d’Oro nel 1990, nel libro si parla ampiamente.
A pagina 117 si legge una frase di Charles Pegury "Il mondo era cambiato meno dai tempi di Gesù Cristo che negli ultimi trent’anni", è l’introduzione al "capitolo" dedicato ai primi anni cinquanta.
"Intanto, nella vicina Celle Ligure, per onorare la memoria dello scultore Pietro Costa (1849 - 1901), viene promosso, nel 1950, dal Comune e dall’Azienda Autonoma di Soggiorno con la collaborazione della Società Belle Arti di Savona e sotto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il Premio Pietro Costa. La manifestazione è curata da Franco D. Tiglio ... Il Premio segna, fra l’altro, il debutto in campo nazionale di Achille Cabiati, Rocco Borella, Mario Rossello, Giovanni Tinti e Aurelio Caminati ...".
Dunque Mario Rossello, nato a Savona nel 1927, ha iniziato molto giovane ad affacciarsi sulla scena artistica, una scena che ha calcato sino all’ultimo.
Nel mio immaginario Agenore Fabbri e Mario Rossello rappresentano però la generazione successiva ai Fontana, Garelli, Jorn, Scanavino,Sassu.
Albisola ha vissuto nel novecento tre stagioni fortunate: il futurismo degli anni trenta, il dopoguerra degli anni cinquanta (stagione che ha l’apice con la costruzione della Passeggiata degli Artisti del 1963 e si chiude con la morte di Fontana, 1968, Tullio d’Albisola, 1971, e Jorn ,1973) e l’ultimo quarto di secolo dove in mancanza di una linea conduttrice (che il futurismo riconosceva nel suo manifesto e gli anni cinquanta riconoscevano in parte nello spazialismo "L’artista spaziale non impone più allo spettatore un tema figurativo, ma lo pone nelle condizioni di crearselo da sé, attraverso la sua fantasia e le emozioni che riceve" firmato Lucio Fontana, Milena Milani, Giampiero Giani, Beniamino Joppolo, Carlo Cardazzo e Roberto Crippa) la caratteristica emergente è la poliedricita dell’espressione artistica, dei contenuti e del "linguaggio".
Negli ultimi venticinque anni Albisola ha vissuto, scivolandoci sopra senza assorbirlo pienamente, anzi con un progressivo distacco da parte della popolazione, un grande fermento artistico; una sequela di esposizioni, performance artistiche che si rincorrevano avendo come comune denominatore la voglia di fare.
A cavallo del 1990 alcune "Biennali d’Arte" del Comune di Savona, ma soprattutto "ALBISOLA / GLI ARTISTI & LA CERAMICA", manifestazione organizzata dalla Camera di Commercio di Savona e voluta dalla D.sa Anna Maroscia, con il contributo critico del Prof. Franco D. Tiglio (lucido e attento come sempre), tentano di mettere un po’ d’ordine nell’ambiente nel giusto tentativo di renderlo meno episodico.
In questo quadro i due fari erano Agenore Fabbri e Mario Rossello.
Sul libro "Omaggio a Torido", del 1988, di Federico Marzinot, in una intervista Rossello scrive ricordando i tempi addietro "Alle sei di sera, al bar Testa, arrivava Tullio e poi gli altri: Fontana, Cardazzo, Fabbri, De Micheli, Crippa. La piazzetta si riempiva di artisti, critici, studiosi ed era un continuo discutere in libertà, tra persone di generazioni e tendenze artistiche diverse, senza che emergessero contrasti troppo aperti tra i vari gruppi, che pur esistevano. Con Fontana, che aveva più anni di me, non mi trovavo a disagio ..... .".
Emerge -per gli anni del dopoguerra- quello che in tanti testimoniano, ovvero la grande apertura e disponibilità da parte dei "senatori" verso i "giovani artisti".
Da allora non è mancata certo la possibilità di "vedere una mostra" ma sono mancate "le occasioni per parlare di arte" che è la cosa più importante.
Inoltre gli artisti si sono fatti maggiormente attenti nella scelta dei compagni di viaggio, quasi nel timore che una scelta sbagliata possa inquinare la loro "arte".
Il progressivo distacco affettivo-emotivo degli albisolesi verso l’arte credo ne sia verosimilmente una conseguenza.
Oggi fioccano più le critiche che le lodi (al contrario del motto lionistico "parco nella critica e generoso nella lode") cosicché diventa più facile imbattersi in millantatori -che in un bailame generale tentano di spacciarsi per grandi maestri- che non riconoscere quello che di buono e sano esiste in Albisola.
In ordine più generale per la verità manca la scintilla scatenante che per il futurismo fu l’industrializzazione e per gli anni cinquanta fu la bomba atomica.
Ma a parte questa lettura, forse arbitrariamente semplificativa, rimane il fatto che in questo passaggio di secolo, con la morte di ben 8 artisti in due anni (sarà una fatalità ma da quando Milena Milani ha fatto per l’edizione 1998 di Spiaggiarte "l’Albero della Memoria" nell’ambiente artistico molti "sentono fischiare le pallottole") Albisola sta vivendo un cambio generazionale ed epocale di cui vedremo il risultato fra qualche anno.
La scomparsa di Renzo Aiolfi, Sandro Cherchi, Ansgar Elde, Agenore Fabbri, Mario Rossello, Angelo Ruga, Eliseo Salino, Aligi Sassu lascia non solo un vuoto artistico e affettivo doloroso, ma apre inevitabilmente degli spazi.
Questo "dono" che i grandi maestri lasciano ad Albisola con la loro scomparsa non deve essere sprecato.